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All’atto della cessazione del rapporto di agenzia, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente di commercio un’indennità al ricorrere di determinate condizioni. Tale somma prende il nome di indennità per la cessazione del rapporto di agenzia e, secondo la contrattazione collettiva, va suddivisa in 3 distinti emolumenti:

  • l’indennità di risoluzione del rapporto;
  • l’indennità suppletiva di clientela;
  • l’indennità meritocratica.

Sotto il profilo civilistico, invece, l’articolo 1751 cod. civ., nella versione oggi in vigore, disciplina l’indennità di cessazione senza operare più alcun riferimento ad altre fonti e senza operare la distinzione tra “indennità di risoluzione del rapporto”, “indennità suppletiva di clientela” e “indennità meritocratica”, fornendo quindi una nozione unitaria e compiuta dell’indennità di cessazione.

Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, riguardante la tassazione dell’indennità in capo all’agente, che agisce tipicamente come imprenditore individuale o nella forma di società di persone, pare oramai consolidato il regime applicabile ai fini dell’Irpef, il quale è stato già oggetto di un precedente contributo a cui si rimanda.

Diversamente, aleggiano ancora oggi dubbi applicativi con riferimento al trattamento da attribuire all’indennità ai fini dell’Irap; ed è proprio su questo aspetto che ci si vuole soffermare, atteso che non si rinvengono chiarimenti ufficiali da parte delle Autorità fiscali.

È noto che la disposizione di riferimento per il calcolo della base imponibile Irap delle imprese Irpef che applicano il cosiddetto metodo fiscale è l’articolo 5-bis D.Lgs. 446/1997. Ebbene, tale norma prevede che tra i componenti positivi si debbano comprendere:

  • i ricavi derivanti dalla cessione di beni e prestazioni di servizi oggetto dell’attività d’impresa (articolo 85, comma 1, lettera a, Tuir);
  • i ricavi derivanti dalla cessione di materie prime e sussidiarie, semilavorati e altri beni destinati a essere impiegati nella produzione (articolo 85, comma 1, lettera b, Tuir);
  • i risarcimenti, anche in forma assicurativa, conseguenti al danneggiamento o alla perdita di beni di cui sopra (articolo 85, comma 1, lettera f, Tuir);
  • i contributi in denaro (o il valore normale di quelli conseguiti in natura) spettanti in base a un contratto indipendentemente dalla denominazione (articolo 85, comma 1, lettera g, Tuir);
  • i contributi erogati in base a norma di legge, con la sola esclusione di quelli correlati a componenti indeducibili;
  • le variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 Tuir.

L’articolo 5-bis non considera, invece, l’indennità derivante dalla cessazione del rapporto di agenzia; pertanto, dando rilevanza al dettato letterale della norma, parrebbe corretto escludere queste somme dalla formazione della base imponibile Irap.

D’altro canto ai fini Irpef, in base al combinato disposto dall’articolo 53, comma 2, lettera e), e dall’articolo 56, comma 3, lettera a), Tuir, l’indennità in parola costituisce reddito di lavoro autonomo e non concorre alla formazione del reddito d’impresa dell’agente imprenditore o società di persone; e siccome nel metodo fiscale Irap occorre considerare i valori validi ai fini della determinazione del reddito d’impresa, ciò non può non assumere rilevanza.

In tal senso, va altresì tenuto conto dell’avvenuta abrogazione dell’articolo 11-bis del decreto Irap che prevedeva espressamente l’inapplicabilità del sopra richiamato articolo 56, comma 3, lettera a), Tuir.

Dovrebbero, quindi, ritenersi superati i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 50/E/2002, la quale, interpretando la vecchia disciplina (ex articolo 11-bis D.Lgs. 446/1997), aveva ritenuto che le “indennità per la cessazione del rapporto di agenzia … concorrono alla determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini dell’Irap”.

A ben vedere, tuttavia, non si possono comunque escludere eventuali contestazioni del Fisco, il quale potrebbe sostenere l’imponibilità Irap dell’indennità sulla base del fatto che, in capo all’impresa mandante, essa rappresenta un componente negativo deducibile ai fini Irap e diversamente operando si darebbe luogo a un salto d’imposta.

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