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L’art. 11 legge assegni (Regio decreto n. 1736-1933) dispone che « ogni sottoscrizione deve contenere il nome e cognome o la ditta di colui che si obbliga. È valida tuttavia la sottoscrizione nella quale il nome sia abbreviato o indicato con la sola iniziale ». Precisa poi l’art. 14 legge assegni che «  chi appone la firma sull’assegno bancario quale rappresentante di una persona, per la quale non ha il potere di agire, è obbligato come se l’avesse firmato in proprio » (del tutto uguali sono i corrispondenti testi dell’art. 8 e dell’art. 11 legge cambiale).

Da questo impianto normativo la giurisprudenza di legittimità ha tratto il principio per cui l’assunzione di un’obbligazione cartolare « in nome altrui » – in tale formula ricomprendendosi tanto il caso della rappresentanza negoziale, quanto quello della così detta rappresentanza organica (art. 1400 cod. civ.) – suppone « l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità, ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell’ente »  (Cass. n. 3070/2020; Cass. n. 4763/1993; Cass. n. 10388/2012).

La Cassazione ha precisato, altresì, che « per la firma di un ente collettivo, non è sufficiente l’indicazione della ragione o della denominazione, occorrendo il nome (anche abbreviato o con la sola iniziale) e il cognome della persona fisica che sottoscrive per l’ente, pur senza necessità di una specifica formula da cui risulti il rapporto di rappresentanza » (Cass. n. 3070/2020; Cass. n. 27378/2005); in modo comunque che il contesto cartolare venga a esplicitare il « collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente » (Cass. n. 3070/2020; Cass. n. 7761/2004).

Da ultimo, assunto a necessario parametro di riferimento il canone della diligenza professionale di cui all’art. 1176, comma 2, c.c., non può ritenersi rispondente a diligenza il comportamento della banca che trascuri di considerare – ovvero ignori – la regolamentazione dettata dell’art. 11 legge assegni (fattispecie in cui sugli assegni portati in pagamento alla banca risultava apposta non già una firma di traenza, bensì una semplice sigla) (Cass. n. 13873/2017).

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