Figli dichiarati adottabili se i genitori non sono in grado offrire loro un progetto di vita
Corte di Cassazione, sez. I civile, sentenza 12 giugno 2020, n. 11342
Stato di abbandono e dichiarazione di adottabilità dei minori
Artt. 1, 8 legge n. 184/1993
Il diritto dei minori a crescere nella loro famiglia di origine, non esclude la pronuncia di dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l’impegno del genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, non sia in grado di predisporre un progetto di vita per i figli e non sia possibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali in tempi compatitili con l’esigenza dei minori.
CASO
Due minori sono dichiarati adottabili dal tribunale minorile e la Corte d’Appello di L’Aquila respinge gli appelli dei genitori.
La decisione viene presa sul presupposto dell’assoluta carenza di una progettualità della coppia per superare la situazione di degrado morale e materiale rilevata. La nonna paterna non era in grado di dare alcun tipo di contributo e gli stessi genitori si erano rifiutati di avvalersi degli aiuti da parte del Servizio sociale.
A fronte di tali elementi, secondo la Corte, doveva essere privilegiata l’esigenza delle bambine di essere accolte in un ambiente familiare idoneo a fornire loro, cure e protezione.
I genitori ricorrono in Cassazione lamentando l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, ossia la relazione della consulente tecnica di parte depositata all’esito degli incontri autorizzati dal giudice in corso di causa.
La Corte d’appello avrebbe emesso una sentenza non rispondente all’attualità dei fatti, non tenendo conto della partecipazione attiva dei genitori agli incontri organizzati, il fatto che la madre avesse trovato un lavoro e comunque la loro presa di coscienza degli errori commessi in passato.
SOLUZIONE
La Cassazione ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso. In via preliminare si specifica che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se il fatto storico rilevante, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Civ. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
Nello specifico, dall’attività istruttoria espletata, era emersa la mancata collaborazione dei genitori alle iniziative per sostenere i figli, e certamente era stata eseguita una globale valutazione della storia delle relazioni familiari, tale da rendere non decisivi gli elementi portati dalle parti in causa.
Con riguardo alla presunta violazione del principio fondamentale, relativo al diritto dei minori di crescere nell’ambito della loro famiglia di origine, la Corte precisa che questo non esclude la dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l’impegno dei genitori per superare le proprie difficoltà, manchi la capacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli e non risulti possibile prevedere con certezza un adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatitili con l’esigenza dei minori di avere una crescita psico-fisica equilibrata.
La decisione non ha tenuto in considerazione il riconoscimento degli errori e del ruolo genitoriale dei ricorrenti –mutato nel corso dei giudizi – ritenendo prevalente l’assenza di un progetto educativo e di vita dei genitori e soprattutto la tempistica per il recupero delle capacità genitoriali.
QUESTIONI
La sentenza è in linea con le recenti decisioni di legittimità e di merito. E’ pacifico che per escludere lo stato di abbandono di un minore, ai fini della dichiarazione di adottabilità, il giudice debba accertare la capacità dei genitori di accudire e prendersi cura del figlio o di recuperare tali competenze.
Ciò deve avvenire, tuttavia, entro tempi compatibili con la necessità del minore di un ambiente familiare stabile, anche in collaborazione con il Servizio Sociale e secondo una chiara progettualità genitoriale, finalizzata al rientro del minore in famiglia (cfr. Cass. Civ. n. 17603/2019).
Nell’accertare lo stato di adottabilità di un minore, il giudice deve in primo luogo eseguire una prognosi sull’effettiva e attuale possibilità che il genitore torni a essere in grado di occuparsi dei figli.
E’ vero che il diritto del minore di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine, considerata l’ambiente più idoneo al suo sviluppo psicofisico, è tutelato dalla L. n. 184 del 1983, e quindi il giudice di merito deve, prioritariamente, tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare.
In una recente pronuncia la Cassazione ha precisato che “ la condizione di abbandono di un minore non va rilevata solo in presenza di emarginazione socio economica (alle quali si può ovviare con azioni di sostegno), ma deve trattarsi d’impossibilità morale o materiale di accudire, caratterizzata da stabilità e immodificabilità, almeno in un tempo compatibile con le esigenze di sviluppo psicofisico del minore” (Cass. Civ. ordinanza n. 26302/2018).
Non è rilevante, infatti, la semplice espressione di volontà dei genitori di volersi occupare del minore in assenza di concreti riscontri che escludano la possibilità di un successivo abbandono.
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