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La fideiussione, diffusamente utilizzata nell’operatività bancaria, è regolata dagli articoli dal 1936 al 1957 del codice civile. Il fideiussore è il soggetto che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento delle obbligazioni di un terzo (art. 1936 c.c.).

Le caratteristiche fondamentali della fideiussione sono l’accessorietà (la fideiussione non può nascere né sussistere senza il fondamento di una valida obbligazione altrui; il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale; la fideiussione si estingue con l’estinzione del debito garantito e si trasmette insieme al debito cui si collega) e la solidarietà (la fideiussione crea un rapporto obbligatorio accessorio rispetto a quello principale: il creditore, in caso di inadempienza del debitore, può rivolgersi indifferentemente, oltre che allo stesso debitore, anche al fideiussore per pretendere il proprio soddisfacimento, essendo entrambi obbligati diretti e immediati; l’adempimento del fideiussore libera il debitore principale nei confronti del creditore).

Secondo la Cassazione (Cass. n. 22559/2019, che richiama Cass. n. 6407/1998), la capienza del patrimonio del fideiussore non costituisce un elemento indefettibile ai fini della validità della fideiussione: il nostro ordinamento, è osservato, non presuppone una esatta coincidenza tra il concetto di garanzia patrimoniale e quello di capienza del patrimonio del debitore.

L’art. 2740 c.c., infatti, dispone che «Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri». Detta disposizione, unitamente all’art. 2910 c.c., che prevede che il creditore possa fare espropriare i beni del debitore per conseguire quanto gli è dovuto, sancisce il principio della responsabilità patrimoniale del debitore, la quale comporta la sussistenza di un vincolo sul patrimonio del medesimo e del consequenziale potere di coazione del creditore. D’altra parte, il riferimento dell’art. 2740 c.c. ai beni futuri, a ben vedere, conferma che la sussistenza di una garanzia personale non è condizionata dall’attuale capienza del patrimonio del debitore stesso.

La giurisprudenza di legittimità individua nella garanzia dell’adempimento del debito altrui la causa della fideiussione: «la causa del contratto di fideiussione (che non è un contratto aleatorio) è non già il rischio dell’inadempimento dell’obbligazione principale, ma la funzione di garanzia dell’adempimento dell’obbligazione mediante l’allargamento della base soggettiva la quale è del tutto indipendente dall’effettivo “rischio” di inadempimento e, dunque, dall’eventualità che il debitore principale non adempia la propria obbligazione, ovvero che il suo patrimonio (o il bene offerto in garanzia reale) sia insufficiente a soddisfare le ragioni del creditore» (Cass. n. 6407/1998).

Dunque, la causa del negozio di fideiussione, e cioè, lo scopo concreto dell’operazione negoziale, è la funzione di garanzia di un debito altrui, che non può ritenersi mancante se prestata da soggetto incapiente. Invero, la fideiussione, nella misura cui produce una mera estensione della garanzia patrimoniale, non presuppone l’attuale capienza del patrimonio del fideiussore, partecipando invece dei caratteri propri della responsabilità patrimoniale (art. 2740 c.c.), ovvero la sottoposizione a vincolo patrimoniale e la soggezione al potere di coazione del creditore.

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