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2005_z_normativa

Sulla Gazzetta Ufficiale del 16 luglio ’20 è stato pubblicato il decreto legge n. 76 recante “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”. Il provvedimento porta con sé una importante innovazione in tema di notificazioni effettuate dagli avvocati (e dagli uffici giudiziari) verso le pubbliche amministrazioni.

Con l’art. 28 si tenta infatti di porre rimedio ad un problema che si trascina ormai da anni, rendendo impossibile la notificazione a mezzo PEC verso molte amministrazioni; il riferimento è alla mancata comunicazione dei domicili digitali da inserire nel pubblico elenco previsto dall’art. 16, comma 12, del d.l. 179 del 2012 (il cosiddetto registro PP.AA.); invero, trattandosi del pubblico elenco esclusivo dal quale attingere il domicilio digitale per la notificazione verso una pubblica amministrazione, il mancato adempimento a tale incombente (non assistito da alcuna sanzione) impediva di ricorrere alla notifica telematica.

Con la novella legislativa si tenta di correggere il problema secondo una duplice prospettiva:

  • si consente di indicare indirizzi di posta elettronica certificata di organi o articolazioni, anche territoriali, presso cui eseguire le comunicazioni o notificazioni per via telematica nel caso in cui sia stabilito presso questi l’obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie ovvero in caso di autonoma capacità o legittimazione processuale; ciò per ovviare all’eccezione spesso proveniente dalla parte pubblica secondo cui non era gestibile un unico indirizzo PEC centralizzato per strutture con grandi articolazioni sul territorio (come ad esempio l’INPS);
  • si introduce il comma 1-ter all’art. 16 ter del d.l. 179 del 2012, grazie al quale si introduce un meccanismo di sostituzione per quelle amministrazioni che continuassero a rendersi inadempienti agli obblighi di comunicazione per il registro PP.AA.; in tal caso, infatti, la notificazione potrà essere validamente effettuata al registro previsto dall’art. 6-ter del d. lgs. 82 del 2005, ovvero l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, che ora ha assunto la denominazione di Indice dei domicili digitali della Pubblica Amministrazione e dei Gestori dei Pubblici Servizi; l’indirizzo di riferimento sarà quello indicato come primario secondo le previsioni delle Linee guida di AgID, nella sezione ente dell’amministrazione pubblica destinataria.

Sempre in questi giorni si è concluso al Senato, dopo aver ottenuto la fiducia alla Camera dei Deputati, l’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge 19 maggio ’20, n. 34, che ha introdotto ulteriori novità sul fronte della giustizia civile, in particolare intervenendo ancora sulla disciplina già dettata dall’art. 83 del decreto legge n. 18 del 2020, sia con l’obiettivo di spostare al 31 ottobre ’20 alcune previsioni già contenute nella legislazione emergenziale, sia introducendo alcune novità soprattutto procedimentali.

Non rientrano in tale ultima categoria il ripristinato obbligo di deposito telematico anche per gli atti introduttivi e la previsione dell’obbligo di pagamento telematico (attraverso il canale PagoPA) per contributo unificato e diritti di cancelleria. In tal caso il legislatore interviene per prorogare misure la cui efficacia era stata sospesa a seguito della conversione del decreto legge n. 28 del 2020.

Vengono invece apportate significative novità sul versante della celebrazione delle udienze, con particolare attenzione per quanto concerne le possibilità di trattazione da remoto. In luogo infatti della scelta di tale modalità ad opera del magistrato, così come previsto dalla legislazione emergenziale in fase di lockdown, viene previsto un duplice regime:

la celebrazione dell’intera udienza in videoconferenza, però previa acquisizione del consenso delle parti;
la partecipazione mediante collegamenti audiovisivi a distanza di una o più parti o di uno o più difensori previa istanza dell’interessato con istanza depositata almeno quindici giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell’udienza.

Quest’ultima modalità è senza dubbio quella che desta il maggior interesse perché non presuppone la presenza di tutti i difensori nell’aula di udienza ma lascia anche solo ad uno di essi la scelta di partecipare da remoto.

Ad avviso di chi scrive si tratta di una novità davvero degna di grande considerazione e capace di influire in maniera proficua sui costi del processo (per le parti) e sul risparmio di tempi (per gli avvocati); invero, la scelta di partecipare da remoto potrebbe evitare i costi (e i tempi) di trasferta per l’avvocato oppure i costi per l’incarico ad un procuratore domiciliatario.

E il discorso è ancora più valido se si considera che nel rito civile molti adempimenti d’udienza si risolvono in pochi minuti e possono ben essere celebrati anche da remoto: si pensi alla richiesta di ammissione delle istanze istruttorie oppure alla precisazione delle conclusioni; si tratta di attività che vengono espletate in pochi minuti e che si limitano, nella quasi totalità dei casi, ad un richiamo a scritti già depositati.

La facoltà prevista dalla novella pare dunque una innovazione capace di generare effetti positivi salvaguardando comunque il contraddittorio.

Sul fronte invece dell’udienza celebrata mediante trattazione scritta, l’approccio del legislatore appare differente; si prevede infatti che il giudice possa disporre “che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni”. In tal caso sarà onere del giudice (o meglio, della cancelleria) comunicare alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l’udienza che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegnare un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte. Si prevede inoltre che ciascuna delle parti possa presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento.

La prospettiva è rovesciata rispetto all’udienza da remoto: non si chiede il consenso o l’iniziativa delle parti ma si lascia l’iniziativa al magistrato, facendo salva la successiva opposizione delle parti. La novella desta qualche riserva proprio per il regime preferenziale (per il giudice) che il legislatore assegna ad una modalità di celebrazione dell’udienza che pare costituire un arretramento sul versante dell’attuazione del contraddittorio, che per definizione viene sostituito da un deposito di memorie in momenti anche differenti tra le diverse parti.

La speranza è comunque che di tale modalità si faccia uso solo per casistiche limitate e che non prevedano lo svolgimento di attività difensive di particolare importanza (durante il lockdown si è assistito anche alla trattazione con tali modalità di udienze di discussione ex art. 281 sexies c.p.c. pur se lo strumento processuale non si presta assolutamente a siffatte ipotesi).

Sempre nell’ottica di ridurre il carico di udienze celebrate presso l’ufficio giudiziario, con la novella in analisi viene previsto che in luogo dell’udienza fissata per il giuramento del consulente tecnico d’ufficio ai sensi dell’articolo 193 del codice di procedura civile, il giudice possa disporre che il consulente, prima di procedere all’inizio delle operazioni peritali, presti giuramento di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidate con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo telematico.

Tale ipotesi normativa desta qualche perplessità più che altro per il caso in cui le parti abbiano intenzione di chiedere integrazioni o modifiche al quesito predisposto dal giudice proprio perché tale attività viene solitamente svolta durante l’udienza di giuramento del perito. Al fine di evitare incidenti o ritardi in corso di svolgimento della perizia, sarà dunque opportuno che il giudice, ove decida di avvalersi di tale facoltà, abbia cura di attuare il pieno contradditorio delle parti anche su tali aspetti.

20/07/2020
| a cura di Amalia di Carlo
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