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la-cassazione-conferma-il-proprio-orientamento-in-tema-di-risarcimento-del-danno-nel-caso-di-illegittimo-ricorso-alla-somministrazione-a-termine-da-parte-di-una-pubblica-amministrazione
Con l’ordinanza n. 5001 del 16 febbraio 2023 la Cassazione torna a pronunciarsi in merito al risarcimento del danno nel caso di illegittimo ricorso alla somministrazione a termine da parte di una pubblica amministrazione. Nel caso di specie, una lavoratrice aveva prestato la propria attività lavorativa presso il Comune di Frosinone in ragione di più contratti di somministrazione a termine. La Corte di Appello di Roma, in parziale accoglimento del ricorso presentato da un Comune avverso la sentenza di primo grado, aveva confermato la statuizione di illegittimità per genericità della causale dei contratti di somministrazione intercorsi tra le parti e aveva condannato l’Ente territoriale al risarcimento del danno. Contro la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il Comune laziale. In particolare, il Comune ha lamentato che la lavoratrice non avrebbe fornito la prova del danno da essa subito, sostenendo che, in ogni caso, avrebbe tratto un vantaggio dalla stipula dei contratti di somministrazione, essendo poi risultata vincitrice di un concorso a tempo determinato e, successivamente, di un concorso a tempo indeterminato banditi dal Comune stesso. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la Corte ribadisce il principio di diritto secondo il quale in tema di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittimo ricorso alla somministrazione a termine, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’illecito a condizione che essa avvenga nei ruoli dell’ente che ha commesso l’abuso e che si ponga con esso in rapporto di diretta derivazione causale, non essendo sufficiente che l’assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione di contratti a termine, ma occorrendo che essa sia stata da essa determinata, costituendo l’esito di misure specificatamente volte a superare il precariato, che offrano ex ante una ragionevole certezza di stabilizzazione. L’aspetto più interessante riguarda però la questione relativa al risarcimento del danno. Un importante precedente in materia è rappresentato dalla sentenza n. 5072/2016 con la quale le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate in merito alle sanzioni per le ipotesi di abuso di contratti a termine nel pubblico impiego (Cass., sez. un., 15 marzo 2016, n. 5072, in RIDL, 2016, III, 597, con nota di ALLOCCA, Le Sezioni Unite chiariscono i criteri di liquidazione del danno risarcibile ai sensi dell’art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001). In merito al risarcimento del danno, le Sezioni Unite hanno chiarito la necessità di bilanciare il principio di cui all’ultimo comma dell’art. 97 Cost. con la necessità di garantire il risarcimento del danno derivante da una prestazione di lavoro resa in violazione di norme imperative (ALLOCCA, nota cit. supra, 619). E con riferimento al quantum, hanno stabilito il diritto del lavoratore pubblico ad una indennità risarcitoria con valenza sanzionatoria compresa tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto con esonero dalla prova del danno, che viene presunto, ferma restando la prova di un danno maggiore (Cass., sez. un., n. 5072/2016, cit.). Nell’ordinanza in commento, la Cassazione applica questo precedente al caso di specie e ribadisce che nell’ipotesi di illegittima o abusiva successione di contratti di somministrazione di lavoro a termine il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno parametrato alla fattispecie di portata generale di cui all’art. 32, quinto comma, della legge 4 novembre 2010, n. 183. Le Sezioni Unite, nella  sentenza più volte citata, avevano infatti chiarito che, non potendosi rinvenire la tutela del lavoratore pubblico nella disciplina del licenziamento illegittimo, «la fattispecie omogenea, sistematicamente coerente e strettamente contigua» applicabile al caso di specie non poteva che essere quella di cui all’art. 32, quinto comma, che al fine della quantificazione del danno risarcibile dispone di tener conto dei criteri indicati nell’art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Ed è a questi che la Corte di Appello di Roma, in assenza di altre norme che indichino criteri diversi, aveva fatto riferimento ai fini del risarcimento del danno, seppur “adattandoli” al caso di specie. Se l’art. 8 chiede di tener conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del lavoratore, del comportamento e delle condizioni delle parti, la Corte di Appello ha liquidato il danno avendo riguardo al numero di contratti conclusi con l’Ente territoriale, alle notorie dimensioni del Comune, alle qualità della lavoratrice, nonché ad ogni altro elemento utile. Ed è sulla base di tali considerazioni che il danno è stato liquidato nella misura di dieci mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Gloria Mugnai, praticante avvocato in Firenze Visualizza il documento: Cass., ordinanza 16 febbraio 2023, n. 5001 Scarica il commento in PDF L'articolo La Cassazione conferma il proprio orientamento in tema di risarcimento del danno nel caso di illegittimo ricorso alla somministrazione a termine da parte di una pubblica amministrazione   sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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