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la-corte-non-annulla-la-disciplina-sui-licenziamenti-illegittimi-dei-piccoli-datori-di-lavoro-ma-minaccia-di-farlo-in-un-futuro-giudizio
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20206 del 14 luglio 2023, qui annotata, si è pronunciata in merito al ricorso proposto da un lavoratore avverso la sentenza della Corte d’Appello territorialmente competente che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato al medesimo per le condotte di cui all’art. 55-quater, comma 1-bis, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Come noto, la norma sopra richiamata prevede che “Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta”. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva rigettato il reclamo proposto dal lavoratore avverso la sentenza del giudice di primo grado, ritenendo provata la frode perpetrata, in modo continuativo, dal ricorrente ai danni del Comune di Pozzuoli, suo datore di lavoro, mediante la timbratura del badge in luogo del suo superiore, sì che quest’ultimo era risultato essere, falsamente, in servizio. Inoltre, la Corte d’Appello aveva evidenziato che le condotte contestate al lavoratore avevano un rilievo disciplinare autonomo rispetto a quello penale e che, nella fattispecie in esame, era stato rispettato il principio di specificità della contestazione, atteso che, nella lettera di avvio del procedimento disciplinare, solo il riferimento ai reati attribuiti al ricorrente era stata effettuato per relationem, essendo, invece, i fatti contestati direttamente conosciuti dal lavoratore. Nel decidere in merito al ricorso presentato dal lavoratore, la Suprema Corte ha, innanzitutto, ritenuto che, correttamente, la Corte territoriale abbia ritenuto provate le condotte contestate al ricorrente, facendo ricorso alle presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c. e senza alcuna inversione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. Ed ancora, secondo i Giudici, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi di diritto sanciti dalla giurisprudenza di legittimità in materia di specificità della contestazione disciplinare. Evidenzia, invero, il Collegio, richiamando precedenti pronunce, che “l’accertamento relativo al requisito della specificità della contestazione, riservato al giudice di merito, va condotto considerando che in sede disciplinare la contestazione non obbedisce ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel processo penale né si ispira ad uno schema precostituito, ma si modella in relazione ai principi di correttezza che informano il rapporto esistente fra le parti, sicché ciò che rileva è l’idoneità dell’atto a soddisfare l’interesse dell’incolpato ad esercitare pienamente il diritto di difesa” (cfr., ex multis, Cass., 9 marzo 2017, n. 6099). Alla luce di detto principio, dunque, la giurisprudenza ritiene ammissibile la contestazione per relationem, dovendosi ritenere rispettati i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio laddove gli atti richiamati nella lettera di contestazione disciplinare siano già a conoscenza del lavoratore e, pertanto, lo stesso venga posto nelle condizioni di svolgere un’adeguata difesa (cfr., ex multis, Cass., 1° ottobre 2018, n. 23771). Secondo detto orientamento, infatti, la sussistenza del requisito della specificità della contestazione disciplinare va valutata con riferimento a ciò che il lavoratore è in grado di apprendere dalla lettera di avvio del procedimento disciplinare e, di conseguenza, il rinvio a fonti esterne è possibile solo a condizione che le stesse siano già note al lavoratore, cosicché quest’ultimo, nel momento in cui riceve la predetta lettera, è in grado di comprendere i fatti cui si riferisce la contestazione (cfr. ancora Cass., 1° ottobre 2018, n. 23771). Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, ritenendo che, nel caso di specie, la Corte territoriale abbia correttamente applicato i principi sopra esposti, considerato che, nella lettera di contestazione disciplinare, il richiamo per relationem concerneva esclusivamente i reati di falso e truffa di cui all’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato al lavoratore. Invece, evidenzia il Collegio, i fatti disciplinarmente rilevanti erano da ritenersi conosciuti direttamente dal lavoratore, essendo stati gli stessi contestati nella predetta lettera ed essendo il ricorrente sottoposto a procedimento penale proprio con riferimento a detti fatti. Federica Negri, avvocato in Milano Visualizza il documento: Cass., 14 luglio 2023, n. 20206 Scarica il commento in PDF L'articolo Il principio di specificità e la contestazione disciplinare per relationem sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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