Attività di B&B in crescita, e i condomini contrari? Troppe agevolazioni?
Trib. Ord. Milano, 13 Sez. Civ. 8 maggio 2018 n. 2757. Dott.ssa Paola Barbara Folci
‘’ […] occorre valutare se il regolamento condominiale vieti o meno la locazione di breve ed anche di brevissima durata. La risposta non può che essere negativa tenuto conto del principio, pacifico, secondo il quale le clausole regolamentari che pongono limiti al diritto di proprietà del singolo condomino debbono essere interpretate con grande rigore dovendo risultare, ogni eventuale limite, quanto più possibile esplicito.’’
CASO
Il Condominio cita in giudizio con rito di cognizione sommaria ex r.702 i cpc, una condomina, per far cessare l’attività di B&b o affittanza breve da essa intrapresa, poiché ritenuta illegittima ed in divieto al regolamento condominiale.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Milano attraverso un’interpretazione non rigida del divieto e per così dire “modernamente adeguatrice”, ritiene infondata la domanda attorea del condominio e la rigetta, privilegiando la concreta destinazione del bene.
QUESTIONI
La fattispecie in esame riguarda la compatibilità dell’apertura di B&B e/o affittanze c.d. brevi in condominio, con i divieti regolamentari.
Trattandosi di ‘’materia’’ per così dire nuova e/o quantomeno solo recentemente agli albori della cronaca in esito ai mutamenti in atto del mercato immobiliare, perfino la giurisprudenza alle volte è ondivaga, riguardo la compatibilità dell’attività ed utilizzo del bene immobile di proprietà individuale con i regolamenti condominiali.
Del resto in fattispecie analoga si era già occupato di recente il medesimo tribunale meneghino e sempre nel medesimo senso, ossia favorevole a privilegiare le ragioni della proprietà individuale e quindi limitare ogni vincolo alla stessa, a fronte delle contrapposte ragioni del condominio.[1]
Questa volta nel caso in questione vi è un articolo del regolamento condominiale, di natura contrattuale, che vieta espressamente di destinare singole unità di proprietà esclusiva all’esercizio di: “affittacamere, locanda, pensione od albergo” .
Il giudice meneghino chiarisce preliminarmente che nulla quaestio riguardo alla natura di regolamento contrattuale, con ogni giuridica conseguenza e ricaduta in termini di modifica dello stesso ad opera della volontà assembleare, per così dire semplice; viceversa ciò che comporta l’attenzione del tribunale, risulta essere la corretta interpretazione della norma che pone il divieto e l’esegesi della stessa, in ordine all’estensione del divieto medesimo anche a: “locazioni di breve e brevissima durata”.
L’interpretazione della norma regolamentare in questione, non può prescindere dagli insegnamenti della Suprema Corte, relativamente al divieto di inserire nei regolamenti condominiali, apposite clausole limitanti i diritti dei singoli condomini, e rendendo necessaria quindi la trascrizione autonoma e chiara del vincolo[2].
Peraltro, la legislazione regionale Lombarda prevedere la tipologia di attività in questione, all’interno della L.R. del 1/10/2015 n.27 ‘’Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo’’.
Per quanto la definizione di B&B , attività a conduzione familiare svolta in maniera non continuativa, per la fornitura di alloggio e prima colazione in non più di 4 camere con un massimo di 14 posti letto’’, non sia presente all’interno del regolamento condominiale come divieto, è presente comunque il divieto di ‘’affittacamere, locanda, pensione o ad albergo’’, cosicchè il giudice del merito deve valutare se a tali attività vietate sia o meno assimilabile quella di B&B o affitto breve.
Sul punto specifico, il Tribunale da una parte chiarisce come l’istituto in questione e le nuove forme di destinazione del bene immobile non potevano di certo essere immaginate – aggiungo, neppure lontanamente – all’epoca di formazione e redazione del regolamento contrattuale, specie laddove la costruzione del fabbricato non sia recente, di tal chè, lo sforzo dell’interprete deve concentrarsi sulla ratio della norma e su come debba essere inteso il divieto, con ogni conseguente contemperamento tra comunione condominio e compressione del diritto domenicale individuale.
Nel caso in esame, il Tribunale ha interpretato il divieto del regolamento nel senso di un limite a finalità di destinazione delle unità a “pubblico esercizio”, per così dire “salvando” la destinazione impressa dal singolo condomino e rivolta unicamente alle modalità di esercizio della locazione del bene.
In tal guisa ha potuto escludere che “locanda, pensione od albergo” possano rientrare nella contestata violazione, non incidendo la destinazione dell’immobile, impressa dal condomino su finalità recettizie di carattere pubblico e meramente imprenditoriale tout court.
Parimenti, il Tribunale ha escluso che il divieto di affittacamere possa essere esteso laddove l’intera unità e non singole stanze di essa, siano destinate a tale attività.
Entrambe le interpretazioni risultano parimenti criticabili, in ragione del fatto che il Tribunale non abbia ritenuto considerare che il divieto regolamentare andasse a tutelare una differente intensità di uso del bene immobile e conseguentemente delle parti condominiali di esso. Si pensi alle scale, all’ascensore, all’androne e così via oppure ove venisse maggiormente valorizzato ai diritti di privacy e riservatezza degli altri condomini, che certamente vengono investiti da un utilizzo intenso ed indiscriminato dell’unità, ad un numero indefinito di utilizzatori.
Forse proprio sulla tutela costituzionale di questi diritti della persona avrebbe dovuto maggiormente essere incentrata la difesa del condominio ed in tal senso il giudice del merito, avrebbe dovuto e potuto alzare l’asticella della tutela e forse, chissà privilegiare nell’interpretazione del regolamento le ragioni del condominio; tuttavia dura lex sed lex…
[1] Tribunale di Milano – Sezione XIII^ civile – Sentenza 22 febbraio 2018 n.1947, commentata dallo scrivente su EC news.
[2] Cass. Civ. n. 6769 del 19/03/2018,
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