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Cass. civ., sez. III, 11 luglio 2024, n. 19123 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo

Esecuzione forzata per consegna o rilascio – Inesistenza della cosa da consegnare – Diritto del creditore di procedere a esecuzione forzata – Insussistenza – Imputabilità della sopravvenuta impossibilità della prestazione di consegna al debitore – Risarcimento del danno – Accertamento

Massima: “In caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione di consegna di una cosa determinata perché non più esistente, il creditore, benché munito di titolo esecutivo giudiziale, non può procedere a esecuzione forzata diretta per l’attuazione del relativo obbligo, fermo restando il diritto di ottenere il risarcimento del danno, se l’impossibilità sopravvenuta sia imputabile al debitore; il relativo accertamento può essere effettuato in sede di opposizione all’esecuzione solo a fronte di domanda riconvenzionale proposta dal creditore”.

CASO

A un istituto di credito veniva notificato un precetto contenente l’intimazione a consegnare una serie di documenti relativi a rapporti bancari in forza di un decreto ingiuntivo definitivo.

Assumendo di avere in parte adempiuto l’obbligo di consegna e di non essere più in possesso dei restanti documenti non consegnati, perché distrutti, la banca proponeva opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., che veniva parzialmente accolta dal Tribunale di Milano (essendo stato accertato che solo alcuni dei documenti oggetto dell’intimazione non esistevano più), con sentenza confermata all’esito del giudizio d’appello.

La pronuncia di secondo grado veniva impugnata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che l’obbligo di consegna di cose mobili determinate è suscettibile di esecuzione coattiva solo se le cose esistono e sono nella disponibilità dell’obbligato quando l’azione esecutiva è intrapresa, mentre se non esistono più il creditore può solo pretendere il risarcimento del danno, in quanto venga accertata la responsabilità del debitore per la sopravvenuta inesistenza delle cose da consegnare.

QUESTIONI

[1] L’ordinanza che si annota individua i limiti dell’esecuzione forzata per consegna o rilascio, che viene definita in forma specifica – ovvero diretta – perché, attraverso l’attività posta in essere dall’organo esecutivo per dare attuazione all’obbligo non spontaneamente adempiuto, al creditore viene consentito di conseguire la stessa cosa che avrebbe ottenuto se il debitore avesse adempiuto spontaneamente l’obbligazione di consegna: in questo modo, dunque, viene soddisfatto proprio quell’interesse del creditore che sarebbe stato soddisfatto attraverso il normale adempimento da parte del debitore.

L’obbligo di consegna di cose mobili portato da un titolo esecutivo può essere attuato coattivamente attraverso il procedimento delineato dagli artt. 605 e seguenti c.p.c., ma, come evidenziato dai giudici di legittimità, solo in quanto le cose da consegnare esistano e siano nella disponibilità dell’obbligato nel momento in cui l’esecuzione è intrapresa.

Da questo punto di vista, gli accertamenti inerenti all’esistenza della cosa esplicitamente o implicitamente contenuti nel provvedimento che costituisce il titolo esecutivo, anche se coperti da giudicato, hanno un valore relativo, perché ciò che conta è che la cosa che dev’essere consegnata esista e sia nella disponibilità dell’obbligato quando dev’essere data esecuzione all’obbligo di consegna: l’oggetto e l’estensione dell’eventuale giudicato, infatti, non possono certo rendere attuabile un obbligo che materialmente non lo è, per la sopravvenuta insussistenza della cosa da consegnare.

Sempre a proposito dell’efficacia e della portata del titolo esecutivo in rapporto all’esecuzione diretta, compresa quella avente per oggetto obblighi di fare o di non fare disciplinata dagli artt. 612 e 613 c.p.c., la giurisprudenza ha chiarito che soggetto passivo è (e non può che essere) chi, nel momento in cui dev’essere intrapresa l’esecuzione, si trova nel possesso materiale e di fatto della cosa da consegnare o sulla quale dev’essere realizzata la trasformazione diretta ad adeguare lo stato di fatto alla situazione giuridica accertata o costituita, trattandosi dell’unico soggetto che può spontaneamente adempiere il comando contenuto nel titolo esecutivo, ovvero consentire il compimento delle operazioni materiali necessarie da parte degli ausiliari del giudice (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2013, n. 3643): di conseguenza, il titolo esecutivo può essere legittimamente azionato anche nei confronti dell’avente causa del soggetto che nel provvedimento figura come obbligato – anche se ivi non ne sia fatta menzione – al fine di conseguire l’adeguamento dello stato di fatto alla situazione giuridica accertata in capo all’attore, purché e in quanto si trovi rispetto al bene nella situazione possessoria che gli consente di adempiere al comando.

Tuttavia, come detto, se le cose non esistono più quando viene minacciata o avviata l’azione esecutiva per consegna o rilascio, questa non può avere corso, dal momento che si versa in una situazione di impossibilità sopravvenuta, che estingue l’obbligazione di consegna ai sensi dell’art. 1256 c.c.

Nel caso in cui l’impossibilità sia imputabile al debitore, questi, pur essendo liberato dall’obbligazione di consegna, resta nondimeno esposto a responsabilità risarcitoria: il contenuto della prestazione dovuta in forza del titolo esecutivo, quindi, diviene inesigibile – non essendo materialmente possibile eseguirla (visto che non può consegnarsi una cosa che non esiste in rerum natura) – e si trasforma, dando vita all’obbligo del debitore di risarcire il danno subito, che, una volta accertato e liquidato, consentirà al creditore di conseguire l’importo riconosciutogli come dovuto e, in caso di mancato pagamento spontaneo, di promuovere l’espropriazione forzata sulla base del nuovo titolo esecutivo costituito dalla statuizione di condanna.

Spetterà al debitore, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio, dimostrare che l’impossibilità della consegna sopravvenuta alla formazione del titolo esecutivo non è imputabile a lui: è vero che, qualora tale prova non sia fornita o non sia raggiunta, l’obbligazione di consegna non potrà considerarsi estinta (per effetto di quanto stabilito dall’art. 1256 c.c.), ma non sarà comunque suscettibile di attuazione coattiva, essendo venuta meno la cosa che ne formava oggetto, sicché al creditore, che non potrà promuovere l’esecuzione forzata per consegna, non resterà che avvalersi del rimedio del risarcimento per equivalente.

Nel caso di specie, era accaduto che:

  • il cliente di una banca aveva ottenuto un provvedimento monitorio che ingiungeva all’istituto di credito la consegna di documenti inerenti ai rapporti contrattuali intrattenuti;
  • a seguito della notifica di un primo atto di precetto, al creditore erano stati consegnati solo alcuni dei documenti richiesti;
  • con un secondo atto di precetto, quindi, alla banca era stata intimata la consegna dei documenti mancanti;
  • l’istituto di credito intimato aveva proposto opposizione al precetto, sostenendo di non potere adempiere l’obbligo di consegna, dal momento che, in quel momento, i documenti in questione erano già stati distrutti da tempo, essendo decorso il termine – di dieci anni – prescritto per la loro conservazione;
  • peraltro, dopo la notifica del precetto, alcuni di tali documenti erano stati, in realtà, rinvenuti ed effettivamente consegnati, sicché l’opposizione era stata accolta solo parzialmente, ravvisandosi l’insussistenza del diritto del creditore di pretendere la consegna degli ulteriori documenti effettivamente non più esistenti, a fronte dell’accertamento che la banca aveva consegnato all’avente diritto tutti quelli che erano nella sua disponibilità e che non erano stati distrutti.

In altre parole, l’indisponibilità materiale dei documenti oggetto del titolo esecutivo che non erano ancora stati consegnati dalla banca intimata bastava per escludere la sussistenza del diritto del creditore di procedere a esecuzione forzata ai sensi degli artt. 605 e seguenti c.p.c.

Ai fini dell’accoglimento o meno dell’opposizione all’esecuzione, non assumeva alcun rilievo il fatto che la perdita della disponibilità dei documenti fosse imputabile o meno alla banca, dal momento che la responsabilità del debitore per la sopravvenuta impossibilità della consegna, sebbene rilevi al fine di verificare se l’obbligazione di consegna sia da considerarsi estinta oppure no, non influisce sull’esclusione del diritto del creditore di ottenere l’esecuzione coattiva del corrispondente obbligo, che si determina per il semplice fatto che la cosa da consegnare non esiste più, mentre può condurre solo alla sua condanna al risarcimento del danno.

Come precisato dalla Corte di cassazione, peraltro, l’accertamento di tale responsabilità non attiene all’oggetto del giudizio di opposizione all’esecuzione con il quale venga dedotta l’inesistenza del diritto del creditore di procedere a esecuzione forzata per l’impossibilità materiale di eseguire la consegna, salvo che non venga proposta specifica domanda riconvenzionale (sulla possibilità per il creditore di proporre domande riconvenzionali nell’opposizione all’esecuzione si veda, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2006, n. 7225; la recente pronuncia di Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2024, n. 13151, peraltro, ha affermato che analoga possibilità è predicabile anche nell’ambito di un’opposizione agli atti esecutivi).

Sempre a questo proposito, i giudici di legittimità sottolineano pure che le valutazioni in ordine, da un lato, alla legittimità o meno della distruzione dei documenti e, dall’altro lato, alla sussistenza di una responsabilità della banca per la sopravvenuta impossibilità di dare esecuzione all’obbligo di consegna che erano contenute nella sentenza impugnata, resa nell’ambito di un’opposizione a precetto e in assenza di una domanda riconvenzionale risarcitoria svolta dal creditore opposto, esulavano dal thema decidendum; di conseguenza, il giudicato non poteva estendersi a esse, sicché, in un eventuale successivo giudizio promosso per conseguire la condanna dell’istituto di credito al risarcimento del danno, non potrebbero esplicare alcun effetto conformativo in ordine all’accertamento degli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria e della correlativa responsabilità del debitore.

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