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Con la recentissima ordinanza del 30 ottobre 2018, n. 27442, la Cassazione affronta alcune questioni  relative agli interessi moratori spesso al centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale, offrendo una serie di soluzioni di immediato impatto operativo.

Gli aspetti salienti della decisione in oggetto sono sintetizzabili come segue:

– gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dall’art. 2, comma 4, L. 7.3.1996 n. 108, vanno qualificati ipso iure come usurari; il predetto articolo, infatti, s’applica sia agli interessi promessi a titolo di remunerazione d’un capitale o della dilazione d’un pagamento (interessi corrispettivi: art. 1282 c.c.), sia agli interessi dovuti in conseguenza della costituzione in mora (interessi moratori: art. 1224 c.c.). Tale conclusione è l’unica consentita da tutti e quattro i tradizionali criteri di ermeneutica legale: l’interpretazione letterale (nessuna norma distingue tra i vari tipi di interessi), l’interpretazione sistematica, l’interpretazione finalistica e quella storica;

– anche gli interessi moratori costituiscono la remunerazione di un capitale di cui il creditore non ha (involontariamente) goduto e rientrano pertanto nella previsione degli interessi «promessi o dovuti in corrispettivo di una prestazione in denaro» (art. 644, comma 1, c.p.);

– la L. n. 108/1996 ha introdotto un criterio oggettivo al duplice scopo di tutelare da un lato le vittime dell’usura, e dall’altro il superiore interesse pubblico all’ordinato e corretto svolgimento delle attività economiche: escludere dall’applicazione di quella legge il patto di interessi convenzionali moratori da un lato sarebbe incoerente con la finalità da essa perseguita; dall’altro condurrebbe al risultato paradossale che per il creditore sarebbe più vantaggioso l’inadempimento che l’adempimento; per altro verso ancora potrebbe consentire pratiche fraudolente, come quella di fissare termini di adempimento brevissimi, per far scattare la mora e lucrare interessi non soggetti ad alcun limite;

– il riscontro dell’usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l’usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi dell’art. 2 L. n. 108/1996, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di “mora-soglia”, ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia;

– nonostante l’identica funzione sostanziale degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, l’applicazione dell’art. 1815, comma 2, c.c. agli interessi moratori usurari non sembra sostenibile, atteso che la norma si riferisce solo agli interessi corrispettivi, e considerato che la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa: il che rende ragionevole, in presenza di interessi convenzionali moratori usurari, di fronte alla nullità della clausola, attribuire secondo le norme generali al danneggiato gli interessi al tasso legale.

L'articolo Interessi moratori usurari (Cass. 30.10.2018, n. 27442) sembra essere il primo su Euroconference Legal.

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