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Cass. sez. III, 29 Ottobre 2019, n. 27607. Relatore Cons. Dell’Utri Marco

[1] Notificazioni e comunicazioni in materia civile – Rinnovazione della notificazione dell’atto di citazione per nullità – Omissione ed erronea Dichiarazione della contumacia omessa od erronea – Eccezione relativa – Possibilità per altro convenuto di sollevarla – Esclusione – Fondamento – (Cost. art. 24, Cod. proc. civ. artt. 112 e 360).

La nullità dell’atto di citazione per violazione delle norme sulla notificazione, al pari dell’inosservanza delle prescrizioni sulla costituzione regolare del contraddittorio nei confronti di altro convenuto, con conseguente dichiarazione erronea di contumacia, costituiscono eccezioni c.d. “de iure tertii” deducibili soltanto dalla parte direttamente interessata e non da altro convenuto.

CASO

[1] Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova che, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla Regione Liguria, rigettava la domanda proposta dall’attore di condanna della stessa Regione Liguria al risarcimento dei danni alla vita di relazione asseritamente cagionati a seguito di interventi chirurgici subiti in strutture ospedaliere gestite dalla Asl di Genova, veniva proposto ricorso per cassazione da parte degli attori. Resisteva la Regione Liguria con controricorso a mezzo del quale, inter alia, censurava la sentenza impugnata per violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale erroneamente indicato come non costituita la Gestione liquidatoria della disciolta Usl 3 genovese, dichiarandone ingiustamente la contumacia, senza esaminarne le difese e pronunciare sulle relative domande.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte, ritiene il motivo inammissibile per carenza di interesse.

QUESTIONI

[1] Così statuendo la Suprema Corte si occupa della legittimazione a sollevare eccezioni che riguardino la nullità dell’atto di citazione per violazione delle norme sulla notificazione ovvero l’inosservanza delle norme riguardanti la regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di altro convenuto, quali l’erronea dichiarazione di contumacia. La Cassazione qualifica dette eccezioni con la definizione di eccezioni “de iure tertii”. Tali doglianze pertanto possono essere validamente denunciate solo dalla parte direttamente interessata e non anche da altri convenuti.

Osserva inoltre il Collegio che tale conclusione deriva dall’applicazione di un insegnamento consolidato della giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cassazione civile sez. III, 19/12/2013, n.28464 in Giustizia Civile Massimario 2013; Cassazione civile sez. III, 22/09/2006, n.20637 in Giust. civ. Mass. 2006, 9).

La decisione della Suprema Corte qui in commento non costituisce invero una novità assoluta, né vale a ricomporre un contrasto in seno alla stessa, tuttavia offre lo spunto per una breve rassegna giurisprudenziale, priva di ambizioni di completa catalogazione, con riferimento alle eccezioni “de iure tertii” nel campo del diritto civile e la loro inammissibilità/improponibilità.

In giurisprudenza è stato, per esempio, stabilito che è eccezione “de iure tertii” e come tale inammissibile, l’eccezione di carenza di titolarità sollevata dal conduttore di immobile, per contestare, in sede di sfratto, la legittimazione dell’erede-locatore, non nudo proprietario, nel presupposto che stante l’estinzione dell’usufrutto si sarebbe verificata la consolidazione del diritto in capo a quest’ultimo. La Suprema Corte, nel caso di specie, valutava positivamente la piena legittimazione dell’erede sulla base dei seguenti postulati: (i) il locatore detiene la lecita disponibilità del bene e può consentirne il godimento al conduttore; (ii) non è necessario che il locatore sia titolare di un diritto reale sulla res locata; (iii) l’erede è subentrato nel contratto di locazione che quindi prosegue ex art. 999 c.c. tra l’erede dell’usufruttario e l’originario conduttore fino a che il nudo proprietario – divenuto proprietario pieno – non reclami la titolarità del rapporto. Ciò senza che il conduttore possa eccepire la carenza di titolarità dell’erede del de cuius [cfr. Cassazione civile sez. III, 20/07/2016, n.14834 in Guida al diritto 2016, 37, 44 (nota di: PISELLI)].

In senso sostanzialmente conforme ed in materia affine, ovvero sempre per rimanere nel perimetro locatizio, si pone pure la decisione della Suprema Corte secondo cui il convenuto evocato in giudizio dal locatore ovvero dal comodante per il rilascio di un immobile concesso in locazione o comodato non può sollevare, pena la inammissibilità, la eccezione – da considerarsi “de iure tertii” – di difetto di legittimazione allegando la mancanza di proprietà o di altro titolo che permetta al locatore di disporre della cosa, ad esempio per perdita o trasferimento. Infatti, attesa la natura obbligatoria del rapporto di locazione, lo stesso può essere validamente costituito anche da chi, non titolare di un diritto reale, sia peraltro in condizione di disporre materialmente dell’immobile stesso (vedi Cassazione civile sez. III, 03/02/2004, n.1940 Giust. civ. Mass. 2004, 2; Cassazione civile sez. III, 14/04/1983, n.2620 in Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 4; Cassazione civile sez. III, 04/12/1981, n.6430 in Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 12).

Parimenti è stata ritenuta eccezione “de iure tertii” l’eccezione di demanialità sollevata nel giudizio tra privati in sede di rilascio di un’area oggetto di un rapporto locatizio in carenza di allegazione di un titolo proprio che tragga origine dalla pretesa demanialità. Tale eccezione è quindi improponibile ed è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, anche nel giudizio di cassazione ed anche se la questione non sia stata oggetto di precedente specifica pronuncia di merito (vedi Cassazione civile sez. III, 29/04/2015, n.8705 in Guida al diritto 2015, 28, 65; Cassazione civile sez. II, 16/10/2008, n.25306 in Giust. civ. Mass. 2008, 10, 1493 Cassazione civile sez. II, 16/07/1991, n.7892 Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 7 relativa all’eccezione di demanialità nel caso di rivendica di immobili fra privati).

Desta interesse la decisione in materia fideiussoria secondo cui la eccezione di decadenza ex art. 1957, comma 1, c.c., nell’ipotesi in cui dopo la scadenza dell’obbligazione principale il creditore non abbia entro sei mesi proposto le sue istanze contro il debitore e non le abbia diligentemente continuate, non può essere sollevata dal debitore allorquando sia convenuto in giudizio dal fideiussore che ha agito in regresso nei suoi confronti in quanto eccezione “de iure tertii”. Siffatta eccezione, di per sé inidonea a neutralizzare l’obbligazione di reintegrare, a seguito dell’adempimento del debito garantito, il patrimonio del fideiussore, non rientra, infatti, tra le eccezioni opponibili dal debitore al fideiussore ex art. 1952 c.c. ma rimane confinata tra le eccezioni inerenti al rapporto creditore principale – fideiussore rispetto al quale il debitore è estraneo. Di talché il creditore che, pur non essendovi tenuto in ragione della intervenuta decadenza ex art. 1957, comma 1, c.c., abbia comunque fatto fronte al debito garantito, potrà agire in regresso ai sensi dell’art. 1950 c.c. nei confronti del debitore senza che questi possa eccepire alcunché [vedi Cassazione civile sez. III, 01/07/2005, n.14089 Riv. notariato 2006, 6, 1560 (nota di: URSELLI)].

Infine, si segnala in materia processuale civile, la decisione secondo cui il debitore esecutato non è legittimano ad eccepire la proprietà altrui ovvero altro diritto reale altrui sui beni pignorati, eccezione quindi da considerarsi “de iure tertii” (vedi Cassazione civile sez. III, 05/01/1994, n.68 Giust. civ. Mass. 1994, 6 (s.m)]

In conclusione, è necessario prestare sempre attenzione alla titolarità delle relative eccezioni (soprattutto nelle tre direzioni sopra indicate, ovvero materia locatizia, demaniale e fideiussoria), dal momento che quelle che appartengono a terzi c.d. “de iure tertii” non sono proponibili e se sollevate sono inammissibili. Inammissibilità che può essere eccepita anche ex officio in qualunque stato e grado del giudizio.

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