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Cassazione Sentenza del 25.03.2019 nr. 8275
Parole chiave: Atti unilaterali recettizi – prelazione – presunzione di conoscenza
Massima:
Ai fini dell’art.1335 c.c., la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione
a questo diretta, è necessaria e sufficiente la prova che la dichiarazione stessa sia pervenuta
all’indirizzo del destinatario; tale momento, ove la convocazione ad assemblea di condominio sia
stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l’assenza del condomino (o di altra
persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte dell’agente postale del relativo avviso
di giacenza del plico presso l’ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro del piego stesso, e non già
con altri momenti successivi.
Riferimenti normativi: artt. 1335 c.c.; 1328 c.c., 2329 c.c., 2355 bis c.c., 2697 c.c.;
CASO
Con ricorso in Cassazione era impugnata la Sentenza resa dalla Corte di Appello di Roma, che in
riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’appello proposto e per l’effetto rigettava il
ricorso per ottenere l’annullamento di una delibera condominiale per difetto di convocazione della
medesima alla relativa assemblea.
A sostegno della impugnazione avanti la Suprema Corte, la ricorrente affermava che erroneamente
la Corte di appello aveva ritenuto sufficiente, ai fini della regolarità della convocazione per
l’assemblea condominiale, la prova della spedizione della raccomandata contenente la convocazione
all’indirizzo della condomina, quando invece sarebbe stato necessario provare da parte del
Condominio la ricezione dell’atto da parte della destinataria.
Soluzione
Nel respingere l’impugnazione proposta, la Corte di Cassazione ha qualificato l’avviso di
convocazione quale atto unilaterale recettizio eminentemente privato e, pertanto, del tutto
svincolato dall’applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari in assenza
di espresse previsioni di legge.

Ritenuta, quindi, quale disciplina di riferimento la previsione dell’art.1335 c.c., la Suprema Corte ha
riconosciuto applicabile all’avviso di convocazione la presunzione di conoscenza ivi prevista
(superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato), in base alla quale “la conoscenza
dell’atto è parificata alla conoscibilità, in quanto riconducibile anche solamente al pervenimento
della comunicazione all’indirizzo del destinatario e non alla sua materiale apprensione o effettiva
conoscenza”.
QUESTIONI
Seppur resa in riferimento all’avviso di convocazione di assemblea condominiale, la sentenza della
Corte di Cassazione consente di affrontare il tema inerente alla determinazione del momento in
cui si ritiene provata la conoscenza della comunicazione avente ad oggetto la volontà di un
socio di cedere in tutto o in parte le proprie partecipazioni.
E’ infatti prassi inserire negli Statuti sociali clausole con le quali si impone al socio, che intenda
cedere la partecipazione sociale, di comunicare in via anticipata tale propria volontà affinché gli
altri soci possano, se desiderano, esprimere a propria volta la volontà di acquistare essi stessi le
partecipazioni poste in vendita.
Scopo della previsione è quello di equilibrare la realizzazione dell’interesse del socio a cedere le
proprie partecipazioni alle condizioni e termini già concordati con l’acquirente interessato con
l’opposto interesse dei soci di mantenere omogenea la composizione sociale, inalterato il proprio
peso all’interno della società o di incrementarlo con la possibilità di evitare l’ingresso di terzi.
A seconda della previsione di Statuto, la denuntiatio può identificarsi quale comunicazione della
propria volontà di cedere le quote così come può già configurarsi quale proposta irrevocabile di
cessione delle partecipazioni.
Tale differenza ricade inevitabilmente sulla revocabilità della proposta contrattuale.
Nel primo caso, infatti, trattandosi di semplice proposta, la revoca della proposta può aver luogo ex
art. 1328 c.c. finchè il contratto non è concluso; diversamente, ai sensi ed effetti dell’art.1329 c.c.,
la revoca è senza effetto laddove la denuntiatio sia già qualificata convenzionalmente quale
proposta irrevocabile, così che in base ai principi generali essa potrà esser revocata solo fino al
momento in cui non giunga a conoscenza del destinatario.
L’individuazione del momento in cui la denuntiatio si ritiene conosciuta dal socio destinatario
dell’offerta è altresì essenziale al fine di consentire la decorrenza del termine previsto per l’esercizio
della prelazione.
L’intervenuta scadenza del termine priva di espressione di volontà positiva del socio destinatario
della proposta rende il proponente libero di cedere ai terzi alle condizioni contenute nella
denuntiatio.

Stante quindi la qualificazione giuridica della denuntiatio quale proposta contrattuale, risultano
applicabili alla stessa i principi elaborati nella sentenza in commento, secondo la quale l’atto
unilaterale recettizio si presume conosciuto – ai sensi dell’art. 1335 c.c. – nel momento in cui è
recapitato all’indirizzo del destinatario e non nel diverso momento in cui questi ne prenda effettiva
conoscenza.
La tematica diventa spinosa allorquando, in caso di spedizione a mezzo posta, si tratta di
coniugare l’esigenza di formazione della conoscenza della proposta con la certezza del momento
dal quale far decorrere il termine per l’esercizio della prelazione.
Può infatti accadere che l’agente postale acceda inutilmente al luogo di comunicazione senza
tuttavia procedere alla consegna per l’assenza del destinatario e delle persone abilitate a riceverla,
lasciando quindi formale avviso che la raccomandata è in giacenza presso l’ufficio postale.
In tal caso, il ritiro materiale della raccomandata non coincide con l’immissione dell’avviso di
giacenza presso l’ufficio ed anzi può esser distante da tale termine temporale in modo
considerevole, con conseguenze distoniche in relazione alla scadenza del termine per l’esercizio
della prelazione.
Si pensi ad esempio ad un soggetto che per Statuto abbia diritto ad esercitare la prelazione per
l’acquisto delle azioni offerte in vendita entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione e che
ritiri la raccomandata il ventesimo giorno dalla messa in giacenza della raccomandata.
A seconda del momento dal quale si considera far decorrere il termine, le conseguenze sarebbero
completamente opposte: se infatti il termine decorre dall’avviso di giacenza immesso
contestualmente all’inutile accesso, il termine di 10 giorni scadrebbe all’interno del periodo in cui il
plico è presente all’ufficio postale; al contrario, laddove il termine partisse dal ritiro del plico,
l’esercizio del diritto di prelazione rimarrebbe integro.
Si aggiunga, inoltre, che l’adesione a tale seconda ipotesi, consentirebbe al socio destinatario di
ampliare a proprio uso e consumo – e quindi in modo abusivo – il termine per esercitare la
prelazione, creando così una alterazione dei termini e dei diritti rispetto a quegli altri soci destinatari
che diligentemente hanno prontamente ritirato il plico.
Sul punto la sentenza in commento, in aderenza con il precedente orientamento, è chiara e
dirimente: un atto unilaterale recettizio si presume conosciuto – ai sensi dell’art. 1335 c.c. – nel
momento in cui è recapitato all’indirizzo del destinatario e non nel diverso momento in cui questi ne
prenda effettiva conoscenza.
Ne consegue che, ove l’atto sia comunicato con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale,
non consegnata al destinatario per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si
presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico
presso l’ufficio postale idoneo a consentire il ritiro del piego stesso.

Non trova quindi valore, in materia di comunicazione di atti negoziali, il principio della scissione
degli effetti per il mittente e per il destinatario, elaborato dalla giurisprudenza costituzionale in
materia di notificazione di atti giudiziali.
Irrilevanti inoltre rimangono il periodo legale del compimento della giacenza e quello intercorso tra
l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro del plico da parte del destinatario.
A tal proposito risulta dirimente altro pronunciamento della Suprema Corte in materia di
licenziamento che ha così statuito: “Un atto unilaterale recettizio, qual è il licenziamento, si
presume conosciuto – ai sensi dell’art. 1335 c.c. – nel momento in cui è recapitato all’indirizzo del
destinatario e non nel diverso momento in cui questi ne prenda effettiva conoscenza; ne consegue
che, ove il licenziamento sia intimato con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non
consegnata al lavoratore per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume
conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso
l’ufficio postale, restando irrilevante il periodo legale del compimento della giacenza e quello
intercorso tra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario” (Cass. Civ., sez.
lav., 28.09.2018, n. 23589).
Pertanto, in tema di esercizio del diritto di prelazione per l’acquisto delle partecipazioni sociali
proposte in vendita, in caso di spedizione della comunicazione a mezzo raccomanda Ar, il termine
andrà conteggiato a partire dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio
postale conseguente alla mancata consegna in sede di accesso per assenza del destinatario o di
persona abilitata al ritiro.
Resta ovviamente fermo il diritto per il destinatario di essersi trovato nell’impossibilità di ricevere
la comunicazione, per cause a sé non imputabili.
Per giurisprudenza consolidata grava “sullo stesso destinatario l’onere di provare di essersi trovato
senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza medesima (a causa di un evento
eccezionale ed estraneo alla sua volontà quale, fra gli altri, la forzata lontananza in luogo non
conosciuto e non raggiungibile (90/3061), che non è configurabile nell’ipotesi in cui non rimanga
interrotto in modo assoluto il collegamento -anche telefonico od epistolare – del soggetto con il
luogo di destinazione della dichiarazione (85/450))”.
Ne consegue che il destinatario dovrà fornir prova positiva dell’evento, della natura impeditiva
dello stesso e della sua idoneità a giustificare il ritardato ritiro della comunicazione.

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