Notifica a persona addetta alla casa: presunzione e prova contraria
Cass., sez. V, 23 novembre 2018, n. 30393, Pres. Chindemi – Est. Varrone
[1] Notifica a persona addetta alla casa – Presunzione – Prova contraria – Certificazione anagrafica – Inidoneità – Fondamento. (Cod. proc. civ., art. 139; Cod. civ. art. 2700)
In tema di notificazioni, non è idonea a superare la presunzione di cui all’art. 139, comma 2, c.p.c., circa la qualità di addetto alla casa del consegnatario dell’atto la produzione di una certificazione anagrafica, le cui risultanze non sono di per sé idonee ad escludere neppure l’esistenza di un rapporto di parentela con il destinatario della notifica.
CASO
[1] L’Agenzia delle Entrate provvedeva a notificare ex art. 139, secondo comma, c.p.c. una cartella di pagamento avente ad oggetto una somma a titolo di IVA, Irap e Irpef, oltre a sanzioni e interessi.
La debitrice presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli lamentando, tra l’altro, la nullità della notifica, avvenuta a mani di un soggetto indicato dall’ufficiale giudiziario come persona qualificata come addetta alla casa, ma dal medesimo ufficiale non identificata.
La CTP di Napoli rigettava il ricorso per insussistenza della invalidità invocata, una decisione che veniva confermata dalla Commissione Tributaria Regionale, sulla base del rilievo per cui, in mancanza di querela di falso proposta avverso la relazione di notificazione stesa dall’ufficiale giudiziario, non era possibile confutare quanto da lui attestato, né era possibile superare tale dato con la produzione di altra documentazione: con la conseguenza per cui dovesse ritenersi pienamente valida la notifica effettuata.
Avverso tale provvedimento, la parte debitrice proponeva ricorso per cassazione lamentando, tra l’altro, violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. e delle disposizioni in materia di notifica di atti. Secondo la ricorrente, in particolare, l’affermazione della CTR, secondo cui sarebbe necessario contestare la qualifica di persona addetta alla casa del consegnatario dell’atto tramite querela di falso, sarebbe erronea, in quanto l’oggetto della contestazione sarebbe rappresentato dal contenuto intrinseco della relazione di notificazione, rientrante nella libera valutabilità da parte del giudice e confutabile con ogni mezzo di prova. Inoltre, veniva contestata l’omessa identificazione del consegnatario dell’atto, per non essere stati indicati, nella relata, i relativi dati anagrafici e gli estremi del documento di riconoscimento.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte decide il ricorso ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., in particolare rilevando la conformità a diritto del dispositivo del provvedimento impugnato, ma la necessità di correggerne la motivazione. La Cassazione, infatti, confermando la validità della notificazione, precisa come la querela di falso non sia l’unico mezzo esperibile per contestare quanto ivi contenuto; l’art. 139, secondo comma, c.p.c., istituirebbe piuttosto una presunzione iuris tantum circa la veridicità dichiarazioni riportate dall’ufficiale giudiziario nell’atto di notifica, ivi comprese le qualità del consegnatario dello stesso, incombendo in capo al destinatario l’onere di fornire la prova contraria circa l’inesistenza, in capo a tale soggetto, delle qualità richieste ex lege.
QUESTIONI
[1] La Cassazione affronta il tema dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni contenute nella relazione di notificazione stesa dall’ufficiale giudiziario che abbia provveduto alla notifica in mani proprie del destinatario, in particolare nei casi disciplinati all’art. 139, secondo comma, cp.c., nonché delle possibilità che la parte destinataria dell’atto ha per contestare le dichiarazioni medesime, nel senso di far valere l’assenza, in capo al consegnatario, delle qualità prescritte dalla norma richiamata.
Anzitutto, appare opportuno ricordare il testo del più volte menzionato art. 139, secondo comma, c.p.c., che, per il caso di irreperibilità del destinatario nella casa di abitazione o nel luogo in cui lo stesso esercita la propria attività lavorativa, imprenditoriale o professionale, consente all’ufficiale giudiziario di consegnare copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda.
Nel caso di specie, ciò che è stato contestato dalla parte destinataria della cartella di pagamento è l’omessa verifica/dimostrazione, da parte dell’ufficiale giudiziario, dell’esistenza di un effettivo collegamento, nei termini di quelli richiesti ex lege, tra il soggetto consegnatario a mani e il destinatario della notificazione.
A tal riguardo, la pronuncia in epigrafe richiama alcuni arresti della giurisprudenza di legittimità in cui si è affermato che, in caso di notificazione ex art. 139, secondo comma, c.p.c., la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, di vicina di casa di chi ha ricevuto l’atto, si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria e, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate, ovvero l’occasionalità della presenza dello stesso consegnatario (tra le più recenti, Cass., 5 aprile 2018, n. 8418; Cass., 17 dicembre 2014, n. 26501). Di conseguenza, non può imporsi in capo all’ufficiale giudiziario un onere di effettuare ricerche in ordine al rapporto di dipendenza tra la persona che si qualifica come addetta alla casa e il destinatario dell’atto, né l’omesso svolgimento di dette attività potrà integrare nullità della notificazione (Cass., 26 ottobre 2006, n. 26028).
Dunque, la circostanza per cui, nel caso di specie, dalla relazione di notificazione non emergesse alcun collegamento tra il consegnatario dell’atto e il destinatario della notifica era circostanza del tutto irrilevante, vigendo a favore dell’ufficiale giudiziario una presunzione circa l’esistenza di tale collegamento. Peraltro, parte ricorrente aveva tentato di vincere tale presunzione allegando il certificato di famiglia, dal quale non risultava, evidentemente, il nominativo del consegnatario: tale produzione documentale, tuttavia, non può certo ritenersi sufficiente al superamento della presunzione de qua, non essendo idonea né a escludere un rapporto di parentela (in termini, Cass., 12 marzo 2012, n. 3906), né a escludere la qualità di persona addetta alla casa.
Da ultimo, è parimenti irrilevante, ai fini de quibus, l’omessa indicazione, da parte dell’ufficiale giudiziario, dei dati anagrafici ovvero degli estremi del documento della persona consegnataria dell’atto: tali dati, infatti, non sono richiesti dalla legge, che all’art. 148 c.p.c. fa esclusiva menzione all’indicazione delle generalità di tale soggetto.
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